DCA: lasciamo parlare i dati

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Spesso, quando parliamo di salute e benessere, ci affidiamo alle opinioni, alle convinzioni personali o a quello che leggiamo sui social. Ma a volte sono i dati a parlare con più forza di qualsiasi commento. In Italia quasi l’8% della popolazione convive con un disturbo alimentare. Solo un anno fa era poco più del 3%.

Una crescita che non può lasciarci indifferenti, perché dietro a queste cifre ci sono volti, storie, famiglie.

Oltre i dati sui DCA

Tradurre una mera  percentuale in numeri concreti può aiutarci a comprendere meglio la portata del fenomeno.
Questi dati, infatti, indicano come circa 4 milioni di persone in Italia vivano quotidianamente con un disturbo alimentare. La maggior parte di loro sono donne tra i 30 e i 60 anni, a dimostrazione che questi disturbi non riguardano soltanto l’adolescenza o la giovane età, come spesso si tende a credere.

Non si tratta “solo di cibo”

È importante sottolinearlo: i disturbi alimentari non sono una questione legata unicamente al rapporto con il cibo o con il corpo. Spesso sono accompagnati da ansia, depressione, insicurezza, difficoltà relazionali ed emotive. I disturbi alimentari vanno ampiamente oltre al cibo, vanno molto più in profondità.
Dietro a un comportamento alimentare disfunzionale si intrecciano infatti storie di profondo dolore, pressioni sociali, aspettative personali, e un bisogno radicato di essere compresi.

Una sfida, ma anche una possibilità

La crescita dei numeri ci dice che la sfida che dobbiamo affrontare è grande ed è complessa. Ma c’è anche una buona notizia: i disturbi alimentari possono essere trattati, e da DCA si può guarire. Esistono percorsi terapeutici efficaci, professionist* preparat*, reti di sostegno e associazioni che lavorano ogni giorno per accompagnare le persone verso la guarigione.

E, soprattutto, chiedere aiuto fa davvero la differenza.
È il primo passo, forse il più difficile, ma anche il più importante per cambiare la traiettoria della propria vita.

Perché parliamo di dati sui DCA?

Condividere i dati serve a rompere il silenzio che spesso avvolge i disturbi alimentari. La vergogna e la paura possono portare molte persone a nascondere il problema, ritardando la possibilità di intervenire. Più se ne parla, più diventa chiaro che nessuno è solo e che il sostegno è possibile.

Oltre a ciò, parlare con i dati in mano ci permette di rompere numerosissimi stereotipi legati alla malattia mentale, ai DCA e allo stereotipo SWAG. I numeri sono la prova che, per quanto radicati, questi stereotipi possano trarci in inganno nella presa in carico de* pazient*.

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